Don

Niente cannoli, ma puoi avere i suoi anelli di cipolla.

Caro detective delle parole: Da dove viene la parola “don”? Anche se in contesti strettamente culturali specifici (o così immagino), la parola ha tre significati ben distinti: primo, il professore universitario britannico; secondo, il gentiluomo spagnolo o latino-americano (anche se questo è un appello, suppongo, piuttosto che una parola inglese in buona fede); e, terzo, il boss indiano dei gangster. (A parte, cioè, il quarto, e più umile, senso di vestirsi). Qual è dunque, se c’è, la connessione tra questi tre sensi? E questi tre significati o sensi della parola sono davvero così strettamente limitati a quelle rispettive geografie come io penso che siano? – Partha Sen Sharma.

Hai dimenticato Don Corleone, de Il Padrino, per non parlare del “Dapper Don” della vita reale, il defunto John Gotti, un tempo capo della famiglia criminale Gambino di New York City. Gotti è salito al comando della famiglia Gambino orchestrando l’omicidio del boss in carica, Paul Castellano, mentre lasciava una steakhouse nel centro di Manhattan una sera del 1985, poco prima che io passassi di lì. Non scherziamo. New York, New York, mai un momento di noia. Gotti era anche conosciuto come il “Teflon Don” a causa dell’incapacità dei poliziotti e dei tribunali di far “attaccare” le accuse (fino a quando finalmente lo fecero; morì in prigione nel 2002).

Lasciando da parte per il momento “don” come verbo che significa “mettere” un qualche tipo di abbigliamento, tutti gli altri usi di “don” che menzioni provengono, in definitiva, dalla stessa fonte. Il più antico dei “don” è “Don” (maiuscolo) storicamente usato in Spagna come titolo che precede il nome di battesimo di un uomo. Questo “Don” era originariamente applicato solo ai reali, alla nobiltà e agli alti funzionari ecclesiastici, ma in tempi moderni è stato spesso applicato ad un uomo (specialmente un uomo anziano) che si è distinto in qualche modo notevole. La forma femminile (in spagnolo) è “Dona”. “Don” è anche usato in questo modo in molti ex possedimenti coloniali spagnoli (America centrale e latina, Filippine, ecc.) così come in Portogallo e Brasile (nella forma “Dom”, femminile “Dona”) e in Italia (dove il femminile è “Donna”). “Dom” e “Don” sono anche usati come titoli nella chiesa cattolica romana, specialmente negli ordini monastici (Dom Perignon, un monaco benedettino, si suppone abbia inventato lo champagne, e il suo nome è ora un marchio glitterato).

La radice di tutti questi “Don” e “Doms” è, come ho detto, in definitiva la stessa: il sostantivo latino “dominus”, che significa “signore” o “padrone”. Il primo uso di “Don” a stampa trovato finora risale all’inizio del XVI secolo; per “Dom” in Portogallo e Brasile, all’inizio del XVIII secolo.

L’uso di “Don” come forma onorifica di indirizzo per un boss mafioso è apparentemente molto più recente, risalendo in stampa solo ai primi anni ’50, anche se, poiché la mafia ha sempre avuto un rigido codice di segretezza (“omerta”), il termine era quasi certamente in uso molto prima di allora.

Don” nel senso di Cosa Nostra (“Questa cosa nostra”, un eufemismo mafioso) deriva dalla forma italiana meridionale di “Don”. Per qualche motivo, non sapevo che l’India avesse una presenza malavitosa altamente organizzata, ma, a giudicare dai giornali, ce l’ha, e i media lì usano tutta la terminologia mafiosa per descriverla.

L’uso di “don” per indicare un professore universitario, di solito in Gran Bretagna (“The reverend dons in Oxford are already alarm’d,” 1726) è un ritorno ai giorni in cui “Don” era semplicemente un titolo di rispetto per un uomo distinto.

Questo lascia “don” come un verbo che significa “indossare” qualcosa, di solito vestiti, che risale al 1567 in inglese moderno (“She donned the garment of a nun,” 1879). La spiegazione di questo “don” è allo stesso tempo molto semplice e un po’ strana. Nell’inglese medio, uno dei molti significati del verbo “to do” era “mettere o collocare”, in particolare indossare un abito. Quindi “to do on” un cappotto era metterlo su. “Do on” alla fine ha generato la forma contratta “don”, e il contrario, “do off”, ci ha dato “doff” (“Upon a rising Bank I sat adown, Then doff’d my Shoe,” 1714).

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