I Feel Pretty (2018)

“I Feel Pretty” (2018) potrebbe non essere il più grande film, ma non è nemmeno un brutto film, almeno non così male come mostra il suo attuale rating IMDb, 3.4 su 10. Quello che lascia perplessi (beh, solo un po’, visto il mondo dei videogiochi in cui viviamo) è che i film che hanno storie e soggetti che hanno poco a che fare con la realtà: opere spaziali, film sui supereroi… ottengono praticamente di default un voto più alto, almeno 7 su 10, mentre film per nulla brutti, ma, in confronto ai primi, leggermente poco attraenti perché così poco eccitanti ambientati nella vita reale, ottengono spesso una media o, come in questo caso, un voto molto basso. Quindi, quale delle due è più importante qualità dei film (oggi), avere la storia raccontata ben annidata nella realtà, o la loro superiorità tecnica?
Le risposte offriranno punti di vista opposti, ma i numeri mostrano che la grande maggioranza degli spettatori apprezza la seconda. Ho anche goduto di uno spettacolo spettacolare mentre guardavo il gorilla gigante George (San Giorgio) uccidere l’alligatore aumentato (uccidendo il drago), nell’ultimo favorito dei cinema IMAX “Rampage” (2018), ma qual è il punto? Non c’è un punto, perché il punto dovrebbe avere un senso, e c’è un po’ di senso fuori dalla realtà. Al contrario, per quanto poco impressionante, “I Feel Pretty” è così reale, e come tale, più rilevante nella vita quotidiana.
Il fattore attraente di “I Feel Pretty” è il fatto che il film è riuscito a rimanere realistico nel dare una ragione credibile (un incidente con ferita alla testa in una palestra) per il veicolo principale che muove la storia in avanti, cioè per la mutata percezione di se stessa che la protagonista attraversa, guadagnando quindi fiducia e modificando il suo modo di comportarsi. I frequentatori abituali di film con una lunga esperienza di visione ricorderanno facilmente come numerosi altri film abbastanza buoni del passato siano riusciti ad essere abbastanza divertenti, ma solo dopo che la premessa fantastica è stata servita. I film sui viaggi nel tempo, ben rappresentati dalla trilogia di “Ritorno al futuro” (1985, 1986, 1990) con Michael J. Fox e Christopher Lloyd, una lunga lista di fantasie sullo scambio di corpi come “Freaky Friday” (1976) con Barbara Harris e Jodie Foster (o Jamie Lee Curtis e Lindsay Lohan nel suo remake del 2003) come madre e figlia le cui personalità si scambiano i corpi, il personaggio di Bill Murray che rivive ripetutamente lo stesso giorno in “Groundhog Day” (1993), il personaggio di Michael Keaton quadruplicato dalla clonazione in “Multiplicity”… per nominarne alcuni. Quindi, una volta accettata la premessa fantastica, quei film sono anche più divertenti di quello qui recensito, almeno lasciando a “I Feel Pretty” il vantaggio di non avere alcuna infusione di fantasia richiesta, meritando così l’ambito attributo di essere realistico.
Grazie ai già veterani scrittori/primi registi, Abby Kohn e Marc Silverstein, per aver trovato una ragione realistica (anche se già vista prima) per la svolta vitale che spinge la storia. Anche se abbastanza ripetutamente, la signora Amy Schumer riesce a far passare il (noto) messaggio (sul liberare lo splendore interiore) e, mentre lo fa, raggiunge una narrazione fluente e umoristica, rendendo facile accettare il suo personaggio, Renee Bennett, improvvisamente non limitato solo alla sua bellezza interiore, un punto sicuramente aiutato dal fatto che l’attrice stessa non rientra nemmeno nell’unica altra categoria…. meno bella… da tempo consigliata come applicabile alle donne.
Contrastare la protagonista femminile dominante e rumorosa con il suo tranquillo, non timido (per pronunciare la battuta “Posso essere te da grande?”) ma piuttosto rilassato, alla fine il fidanzato Ethan (Rory Scovel) è stato utile. Altri “testimoni” contribuenti sono le amiche Vivian e Jane (Aidy Bryant e Busy Philipps), e il silenzioso e isterico compagno di ufficio Mason (Aidan Martinez).
Infine, nel suo ruolo di supporto come Avery LeClair, ereditiera della linea cosmetica, anche se per la sua posizione aziendale apparentemente sufficientemente istruita e di bell’aspetto, Michelle Williams si sente insicura e ha bisogno di aiuto, così usa improvvisamente Renee meravigliosamente disinibita per affrontare i suoi limiti fisici (vocali), la mancanza di idee commerciali, e altre frustrazioni della sua posizione un po’ imbarazzante. Già affermata come attrice drammatica, la Williams sfrutta bene questa occasione per irrompere abilmente nella recitazione comica, condendo il suo personaggio con un tocco di frenata follia.
In conclusione, il film è a tratti toccante, sufficientemente divertente, e positivamente motivante… tutto ciò dovrebbe, si spera, aiutare (non solo) le ragazze a “sentirsi belle e spiritose e brillanti!” (Linea tratta dal musical “West Side Story” e dalla sua canzone con lo stesso titolo “I Feel Pretty”.)

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