La Storia del Santo Discepolo Giuseppe d’Arimatea

La Storia del Santo Discepolo Giuseppe d’Arimatea. In essa è contenuto il vero resoconto della sua nascita, dei suoi genitori, del suo paese, della sua educazione, della sua pietà; e come egli chiese a PONTIUS PILATE il corpo del nostro Beato Salvatore, dopo la sua crocifissione, che egli seppellì in un nuovo Sepolcro di sua proprietà.
Anche l’occasione della sua venuta in INGHILTERRA, dove predicò per la prima volta il Vangelo a Glastenbury nel Somersetshire; e dove cresce ancora quel noto Spino Bianco, che germoglia ogni giorno di Natale al mattino, fiorisce a mezzogiorno e svanisce la sera, nel luogo dove egli piantò il suo bastone nel terreno.
Con una relazione completa della sua morte e sepoltura.
Stampato e venduto nel cortile di Bow Church. London.


La persona di cui parleremo, chiamata Giuseppe, era un uomo giusto, santo, pio e devoto, nato ad Arimatea, altrimenti chiamata Rameth, e successivamente Ramula. Era una città anticamente assegnata ai Leviti e situata vicino a Sophim sul monte Efraim, vicino ai confini delle tribù di Beniamino e Dan; ed è anche nota per essere il luogo di nascita del profeta Samuele, che qui visse, morì e fu sepolto.
Qui nacque Giuseppe, e da qui fu chiamato Giuseppe d’Arimatea; era figlio di un certo Mattia, che era notevole per la sua estrazione, ma più per la sua giustizia e autorità a Gerusalemme, che era la metropoli di quel paese; la sua educazione, durante i suoi teneri anni, fu con un certo Gionata, che era suo fratello dallo stesso padre e madre, con il quale profittò in ogni genere di scienze, avendo una buona memoria e una rapida comprensione; tanto che, essendo ancora un bambino di quindici anni, era lodato da tutti gli uomini, per il buon affetto che aveva per l’apprendimento, tanto che i sacerdoti e i cittadini più nobili concedevano a tutti la sua opinione sulle cose che riguardavano le loro leggi e le loro ordinanze.
Nacque circa otto anni prima della natività del nostro benedetto Signore e Salvatore Gesù Cristo, e all’età di circa diciassette anni, il suo desiderio era quello di cercare e conoscere le leggi e i costumi delle tre sette della nazione ebraica, i Farisei, che è la più importante, la seconda i Saducei, e la terza gli Essei; al fine di poter scegliere la migliore delle tre, quando le avesse comprese tutte. Rifiutò gli ultimi due e aderì al primo, dedicandosi a tali austerità e fatiche che, sentendo parlare di un certo Malachia, un uomo santo, che viveva in un deserto, si vestiva solo di ciò che gli alberi producevano, si nutriva solo di ciò che gli alberi davano liberamente, e si lavava spesso di giorno e di notte con acqua fredda; Per mantenersi casto, andò a vivere con lui e imitò il suo stile di vita per quattro anni, dopodiché tornò di nuovo a Gerusalemme all’età di un anno e venti.

Ma ora, sebbene Giuseppe d’Arimatea si fosse intimamente dedicato alla setta dei farisei, non era tuttavia assuefatto ai vizi che troppo evidentemente apparivano tra loro, specialmente l’ipocrisia; poiché era veramente giusto in tutti i suoi rapporti, pio senza ostentazione, e molto caritatevole in privato: tanto da ottenere il plauso dei ricchi e la benedizione dei poveri, ovunque andasse, e si gloriava più di essere un uomo buono che un grande senatore, dignità alla quale i suoi incomparabili meriti lo avevano giustamente preferito.
Tuttavia, quando Gesù Cristo cominciò a prendere su di sé la grande opera del ministero del Vangelo, e con la sua vita santa, la pura dottrina e i miracoli soprannaturali, aveva procurato a molti ebrei di abbracciare ciò che insegnava loro, tra il resto dei suoi seguaci questo Giuseppe di Arimatea divenne un grande ammiratore della predicazione del nostro Salvatore, tanto che, declinando le leggi levitiche, come allora si insegnava nella chiesa ebraica, divenne un sincero convertito e seguì Cristo in tutti i viaggi che egli fece in tutta la terra di Giudea e Galilea, per la promulgazione del Vangelo.
Ma quando Gesù fu tradito da Giuda, che vendette il prezioso sangue del nostro signore e maestro, per il valore di trenta pence, dopo che la condanna fu passata su di lui da Ponzio Pilato, il presidente romano della Siria, e fu crocifisso sulla croce, per i peccati del mondo intero.Appena morto, questo Giuseppe d’Arimatea, che era un uomo ricco, andò, come ci dice l’evangelista San Matteo, cap. xvii, 58, 60, da Pilato, e implorò il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che il corpo fosse consegnato; e quando Giuseppe ebbe preso il corpo, lo avvolse in un panno di lino pulito e lo depose nella roccia, e fece rotolare una grande pietra fino alla porta del sepolcro e se ne andò.
Ora, per quanto riguarda la maniera del sepolcro in cui fu deposto il nostro Salvatore, prendete la descrizione che ne dà Adricomius, nella sua relazione della Terra Santa, e che è la seguente: Il glorioso sepolcro di nostro Signore, dice egli, era un nuovo monumento, situato a circa centottanta piedi dal monte Calvario e distante mille passi dal monte Sion. Fu qui che Giuseppe d’Arimatea, un nobile senatore, ricavò da una roccia che si trovava nel suo giardino un luogo di sepoltura, nel quale egli, insieme a Nicodemo, alla beata Maria e ad altre donne, seppellì sulla croce, con il consenso di Pilato, il corpo di Gesù, che avevano avvolto in lino fine, profumato con mirra e aloe; La sua testa fu posta verso ovest, donde l’usanza, da allora, tra i cristiani, di seppellire i morti, in molti dei loro cortili, con i piedi verso est; e coloro che parteciparono al suo sacro funerale, dopo aver fatto rotolare una grande pietra sulla porta del monumento, tornarono alle loro diverse abitazioni.

Nel frattempo, i sacerdoti, gli scribi e i farisei, cercando di ostacolare la risurrezione di Cristo, misero una guardia di soldati a sorvegliare il sepolcro, di cui chiusero accuratamente la bocca e misero i sigilli alla porta, per non essere ingannati da nessuna frode, né dei suoi discepoli né dei loro stessi custodi; Ma questa diligenza dei Giudei, che avrebbero ostacolato la sua resurrezione, aumentò piuttosto il miracolo e confermò la fede della resurrezione del nostro Salvatore; infatti, il terzo giorno dopo la sua crocifissione, ricevendo di nuovo la vita, venne da Maria Maddalena, prima con le sembianze di un giardiniere, secondo queste parole dell’evangelista: Gesù le disse: Donna, perché piangi? Ella, supponendo che fosse il giardiniere, gli disse: Se l’hai portato via, dimmelo; qui l’hai deposto e io lo porterò via. Giovanni xx. 15.
Dopo la morte del nostro Salvatore, Giuseppe d’Arimatea condusse una vita solitaria, per circa sei mesi, in commemorazione della crocifissione del nostro Salvatore per la sua salvezza, così come per l’intera razza dell’umanità; ma questo tempo di penitenza fu completato, egli ritornò tra gli apostoli, e da San Pietro fu adottato come uno dei settantadue discepoli.–Per adempiere al grande incarico che gli era stato affidato, capì da Felice, che allora governava Gerusalemme, che alcuni nobili cristiani, uomini di grande onore e più virtuosi, erano stati mandati a Roma per suo ordine, per predicare la fede cristiana, per rispondere a quanto era stato loro contestato alla presenza di Cesare; essendo desideroso di questo servizio, e avendo particolare notizia che i tormenti con cui erano stati martirizzati non avevano diminuito la loro pietà, ma che vivevano tranquillamente di fichi e noci. Per questo motivo partì subito per Roma, e dovette affrontare molti e gravi pericoli per mare; infatti la nave su cui navigava naufragò in mezzo al mare Adriatico, e circa seicento di loro furono costretti a nuotare tutta la notte, e all’alba, per la provvidenza di Dio, venne in vista una nave cirenaica, e lui e circa altri quaranta che avevano superato gli altri, furono imbarcati e salvati.
Dopo essere fuggito in questo modo, si recò a Diarchia, che gli italiani chiamano oggi Puteoli, e fece conoscenza con Baliturno, un giudeo nato, che era un commediante e godeva di buona reputazione presso Tiberio; per mezzo del quale, insinuandosi nelle conoscenze dell’imperatrice Poppeia, decise di supplicarla di procurare la libertà di quei cristiani in schiavitù; ed essendo da lei anche gratificato con molti doni, tornò di nuovo nel suo paese.itornato in patria, e dopo aver dato un resoconto completo ai dodici apostoli del servizio speciale che aveva svolto per la rivendicazione della libertà cristiana a Roma, fu incaricato e ordinato di andare a predicare il Vangelo in Inghilterra; e come la missione gli aveva ordinato, si imbarcò a Joppa, e navigando con molta difficoltà e incontrando molte tempeste pericolose attraverso il Mediterraneo, alla fine sbarcò a Barrow-bay nel Somersetshire, e proseguendo poi il suo viaggio per undici miglia quel giorno; giunse a Glastenbury nella stessa contea; dove, fissando il suo bastone da pellegrino nel terreno, non appena fu piantato nella terra, ma proprio come il bastone di Aronne (che fioriva quando c’era una gara tra lui e altri dotti ebrei per il sacerdozio) fu subito trasformato in una spina in fiore, il che miracolo soprannaturale rese i numerosi spettatori, che erano venuti a vedere questa meraviglia, molto attenti ad ascoltare la sua predicazione del Vangelo, che riguardava Cristo crocifisso per la redenzione del genere umano.

Arrivò a Glastenbury circa tre anni dopo la morte del nostro benedetto Redentore, essendo allora nel quarantaquattresimo anno della sua età, facendo lì miracoli così meravigliosi, che egli portò attualmente alla conversione di Cristo più di mille anime. Inoltre, come raccontano Eusebio, Sozomeni e Ruffino, tre fedelissimi scrittori ecclesiastici, egli battezzò nella città di Wells, che si trova a quattro miglia da Glastenbury, diciottomila persone in un giorno; così devota, zelante e santa fu la vita di Giuseppe d’Arimatea, che sebbene trovasse gli abitanti di quest’isola molto barbari e superstiziosi, tuttavia, con sani ammonimenti, esortandoli dottamente e strenuamente a cambiare le loro opinioni erronee, rappresentando davanti ai loro occhi l’atrocità della loro dannata follia e cecità, li persuase piamente a non rischiare la salvezza delle loro anime e della loro posterità, abbracciando la vera idolatria, adorando il sole, la luna e le stelle, così come gli esseri viventi, sia sulla terra che nel mare.
Perciò Giuseppe d’Arimatea, con la sua vita pia e la sua buona condotta, avendo ottenuto la buona volontà di un certo Ethelbertus, un re che allora regnava nelle parti occidentali dell’Inghilterra, e di molti altri nobili, che convertì alla fede cristiana, fondò una famosissima abbazia a Glastonbury; che fu la prima chiesa cristiana del mondo, e grazie alle grandi dotazioni stabilite in seguito dai principi cristiani, divenne uno dei monasteri più ricchi della cristianità.
Nell’antica città di Glastenbury il santo Giuseppe d’Arimatea rimase fino al giorno della sua morte, avendo quarantadue anni, così che alla sua morte ne aveva ottantasei; e così venerabile era allora la sua persona, che sei re di quelle parti onorarono il suo cadavere portandolo sulle spalle reali fino alla tomba; che fu fatta nel presbiterio di Glastonbury-abbey, e gli fu eretta sopra una tomba molto maestosa, con la seguente iscrizione: QUI GIACE IL CORPO DI QUEL NOBILISSIMO DISCEPOLO, RICORDATO NELLE SCRITTURE CON IL NOME DI GIUSEPPE D’ARIMATEA, E RICORDATO DAI QUATTRO EVANGELISTI, S. MATTEO, MARCO, LUCA, E DA ALTRI. MATTEO, MARCO, LUCA E GIOVANNI, PER AVER IMPLORATO IL CORPO DEL NOSTRO BENEDETTO SALVATORE QUANDO FU CROCIFISSO PER RISCATTARE GLI UOMINI PERDUTI DALLA DISTRUZIONE ETERNA, E PER AVERLO SEPPELLITO IN UNA TOMBA DI SUA CREAZIONE. Morì nel 45 d.C., all’età di 86 anni.
Il cortile della chiesa di Glastonbury, un tempo chiamato Avolonia, è noto anche per il luogo di sepoltura di re Artù, il cui sepolcro fu cercato da re Enrico II e trovato sotto una pietra, con un’iscrizione su di essa, che dichiarava le ceneri di chi la copriva.
E in venerazione di Giuseppe d’Arimatea, una signora che viveva a Glastonbury, poco dopo la morte di quest’uomo santo, ottenne da suo marito tanto terreno da pascolo per il bene degli abitanti, quanto era capace di camminare a piedi nudi in un giorno intero.a ciò che è più notevole è la Spina Bianca, altrimenti chiamata Spina Santa, che fino ad oggi è nota in tutta Europa per il suo germogliare il giorno di Natale al mattino, fiorisce a mezzogiorno e svanisce di notte; e la ragione è come detto sopra; poiché era il bastone di Giuseppe d’Arimatea, che fissava nel boschetto, ha immediatamente messo radici dove cresce questa famosa spina, e così ha proclamato quel posto come luogo di riposo per il suo padrone. E anche se il tempo del papismo superstizioso è in questo regno abolito, tuttavia migliaia di persone, di diverse opinioni, vanno ogni anno a vedere questa curiosità, che apparendo soprannaturale, e contraria al corso della natura, ci fa gridare con il Salmista, O Signore, come sono meravigliose le tue vie!
FINIS.
* L’originale legge thst.

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