Op art

Op art, detta anche arte ottica, branca dell’arte astratta geometrica della metà del XX secolo che si occupa di illusione ottica. Ottenuta attraverso la manipolazione sistematica e precisa delle forme e dei colori, gli effetti della Op art possono essere basati sia sull’illusione prospettica che sulla tensione cromatica; nella pittura, il mezzo dominante della Op art, la tensione superficiale è solitamente massimizzata fino al punto in cui un’effettiva pulsazione o sfarfallio è percepita dall’occhio umano. Nella sua preoccupazione per le relazioni formali completamente astratte, l’Op art è indirettamente collegata ad altri stili del XX secolo come l’Orfismo, il Costruttivismo, il Suprematismo e il Futurismo, in particolare quest’ultimo per la sua enfasi sul movimento pittorico e il dinamismo. I pittori di questo movimento differivano dai precedenti artisti che lavoravano in stili geometrici, tuttavia, nella loro manipolazione intenzionale delle relazioni formali al fine di evocare illusioni percettive, ambiguità e contraddizioni nella visione dello spettatore.

Vasarely, Victor: Segno Scultura
Vasarely, Victor: Sign Sculpture

Sign Sculpture, scultura in porcellana di Victor Vasarely, 1977; fuori dalla Chiesa Paolina a Pécs, Ungheria.

Váradi Zsolt

I principali artisti del movimento Op art emerso alla fine degli anni ’50 e ’60 furono Victor Vasarely, Bridget Riley, Richard Anuszkiewicz, Larry Poons e Jeffrey Steele. Il movimento attirò per la prima volta l’attenzione internazionale con la mostra Op “The Responsive Eye” al Museum of Modern Art di New York City nel 1965. I pittori della Op Art hanno ideato spazi ottici complessi e paradossali attraverso la manipolazione illusoria di semplici forme ripetitive come linee parallele, schemi a scacchiera e cerchi concentrici o creando tensione cromatica dalla giustapposizione di colori complementari (cromaticamente opposti) di uguale intensità. Questi spazi creano l’illusione del movimento, impedendo all’occhio dello spettatore di riposare abbastanza a lungo su una qualsiasi parte della superficie per poterla interpretare letteralmente. “Le opere di op art esistono”, secondo uno scrittore, “meno come oggetti che come generatori di risposte percettive.”

Riley, Bridget: Fall
Riley, Bridget: Fall

Fall, polyvinyl acetate paint on hardboard di Bridget Riley, 1963; in Tate Modern, Londra.

Per gentile concessione dei fiduciari della Tate, Londra

Op art goals erano condivisi dal francese Groupe de Recherche d’Art Visuel (“Gruppo di ricerca nelle arti visive”) e dall’artista di origine venezuelana Jesús Rafael Soto. Questi artisti realizzarono sculture di grandi dimensioni che impiegavano luce e motori, oltre a materiali scultorei, per creare l’illusione del movimento nello spazio che è fondamentale per tutta l’Op art.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *